Mid-Term Conference
Esperienza della scoperta e memoria dei disastri. Strumenti, Fonti, Metodologie
Osservazioni a margine della seconda iniziativa di divulgazione del progetto VeLoCi
Il 22 novembre 2024 si è svolto presso l’Università degli Studi di Roma Tre il convegno Esperienza della scoperta e memoria dei disastri. Strumenti, Fonti, Metodologie, seconda attività di disseminazione del progetto VeLoCi. Tale iniziativa, collocata a un anno dall’avvio del progetto e a metà della sua durata complessiva, ha inteso riflettere storicamente, metodologicamente e comparativamente sulla relazione tra perdita e ritrovamento di opere artistiche e monumentali scomparse in seguito a eventi naturali catastrofici. Il convegno è stato curato da Francesca Mattei, Giulia Ceriani Sebregondi e Danila Jacazzi.
Coerentemente all’obiettivo del progetto VeLoCi, che ambisce a rivisitare la tradizionale lettura scientifica e divulgativa secondo cui la ‘scoperta’ delle città vesuviane sia coincisa simbolicamente, cronologicamente e narrativamente con l’avvio degli scavi borbonici, nei nove interventi ospitati al convegno sono stati presentati le fonti e gli strumenti necessari alla conoscenza delle città vesuviane nei secoli che precedono le sistematiche operazioni di scavo, con particolare attenzione al periodo incluso tra il XV e il XVII secolo.
L’approccio del convegno è stato fortemente inter e multidisciplinare: hanno partecipato storici, storici della scienza, storici dell’arte e dell’architettura, archeologi e informatici. La giornata si è articolata in quattro sessioni, a cui è seguita una tavola rotonda che, oltre alle relatrici e ai relatori intervenuti nelle precedenti sessioni, ha ospitato studiose e studiose che hanno coordinato o compiuto ricerche affini o parallele al progetto VeLoCi.
La prima sessione, Disastri tra storia e narrazione. Metodologie a confronto, ha visto gli interventi di Domenico Cecere, professore associato di Storia moderna all’Università degli Studi di Napoli Federico II, e di Antonio Clericuzio, professore ordinario di Storia della scienza all’Università degli Studi Roma Tre, insieme a Domenico Laurenza, professore associato di Storia dell’arte all’Università di Cagliari. La sessione è stata presieduta da Elisabetta Scirocco, storica dell’arte e assistente scientifica della Direzione Michalsky della Bibliotheca Hertziana, co-curatrice insieme a Philine Helas della recente mostra virtuale (2022) e, con un team di studiose e studiosi, della pubblicazione cartacea (2024) Eruzioni di carta. Quattro secoli di stampa sui vulcani nella collezione Rara della biblioteca, recentemente presentato a Roma.
La prima relazione, intitolata Il Regno di Napoli e l’esperienza delle calamità in età moderna. Saperi, memorie, pratiche di risposta, ha presentato l’analisi di fonti, prevalentemente ecclesiastiche, raccolte durante l’elaborazione del progetto DisComPoSe, che ha avuto come obiettivo principale lo studio dell’impatto degli eventi disastrosi sulla società e la politica nella monarchia ispanica tra XVI e XVIII secolo e l’indagine della graduale emersione di istituzioni, di saperi e di pratiche sociali volte a gestire le crisi e l’instabilità causate da fenomeni naturali. Il contributo ha inteso presentare alcuni risultati e possibili sviluppi della ricerca pluriennale e interdisciplinare, a partire dallo studio delle rappresentazioni. Il contributo si è concentrato su alcuni disastri verificatisi nel Regno di Napoli nel XVII secolo – le eruzioni vesuviane e i terremoti di Calabria, Sannio, Irpinia e Basilicata – evidenziando le diverse risposte adottate dalle società colpite, che attenevano tanto alla sfera religiosa, quanto a quella giudiziaria e fiscale, e infine agli aspetti architettonici e urbanistici. Muovendo dall’indagine della documentazione prodotta a seguito di tali eventi, l’analisi ha messo in luce il modo in cui la rievocazione dei disastri del passato sia usata dai diversi attori istituzionali e sociali per definire strategie di azione e di prevenzione e, contestualmente, per legittimare la propria azione.
La seconda relazione, intitolata Immagini di vulcani nella prima età moderna: un approccio storico-filologico, si è focalizzata sulla presentazione del website VVH (Volcanoes Visual History), frutto di una collaborazione tra l'Università di Roma Tre e l'Università di Cagliari. Lo scopo del sito era compiere una indagine filologica sulla genesi storico-artistica e tecnica (disegnatori, incisori, editori o, nel caso di dipinti, autori, committenti e relativi contesti) e sul significato storico-scientifico delle varie rappresentazioni dedicate ai vulcani tra XVII e XIX secolo, in particolare in relazione al contesto in cui erano state prodotte.
La seconda sessione del convegno, intitolata Oblio e scoperta dei tesori naturali e artificiali, presieduta da Giulia Ceriani Sebregondi dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha esplorato il tema della riscoperta dei beni naturalia e artificialia dell'antichità, approfondendo alcuni episodi utili a ragionare sulla metodologia dello studio del passato nel periodo della cosiddetta proto-archeologia. Gli interventi di Fulvio Lenzo (Università Iuav di Venezia) e di Allegra Iafrate (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Roma) – mediante lo studio di fonti documentarie, cartografiche e iconografiche – hanno messo in evidenza il multiforme rapporto tra memoria, territorio e cultura materiale.
L’intervento di Fulvio Lenzo, Il paesaggio storico e naturale della Campania nel De Nola (1514) di Ambrogio Leone, ha indagato la relazione tra studio dell’antico, rappresentazione grafica e antiquaria nel primo Cinquecento. Lenzo ha evidenziato come le mappe contenute nell’opera, pur nella loro apparente semplicità grafica, registrino non solo l’assetto geografico del territorio, ma anche la sua storia - al centro delle ricerche condotte dagli esponenti dell’umanesimo aragonese - indicando persino gli insediamenti di antiche popolazioni italiche come i Sanniti e gli Irpini, e la collocazione delle città scomparse di Pompei ed Ercolano – di cui Leone offre la prima mappa ad oggi nota. L’analisi ha mostrato il metodo di Leone, che unisce osservazione diretta e verifica delle fonti letterarie, in linea con le pratiche di Flavio Biondo.
L’Intervento di Allegra Iafrate, Cercare tesori fra Medioevo ed Età Moderna, ha esplorato le pratiche di ricerca dei tesori, analizzando le tecniche e i rituali utilizzati dai cercatori in Italia. Partendo da fonti come i processi inquisitoriali e le liste di tesori, Iafrate ha messo in evidenza come queste pratiche non fossero solo legate a motivazioni materiali, ma riflettessero anche credenze e aspettative profonde legate al sottosuolo e al patrimonio sotterraneo. Le liste di tesori offrono uno spunto interessante per comprendere come la ricerca di oggetti nascosti fosse intrecciata con la memoria collettiva e il desiderio di recuperare ciò che il tempo aveva sepolto, un fenomeno spesso accompagnato da pratiche magiche e rituali che riflettevano la visione del mondo dell'epoca e la connessione simbolica tra il passato e il sottosuolo.
La terza sessione, intitolata Ritrovamenti, ricognizioni, riscoperte. Roma, è stata presieduta da Francesca Mattei dell’Università degli Studi Roma Tre ed è stata dedicata a Roma. Se infatti il fulcro tematico di VeLoCi sono le città del Vesuvio, l’analisi degli strumenti, delle fonti e delle metodologie prevede lo studio comparato delle ‘ricognizioni’ condotte a Roma e nel territorio circostante, alla scoperta della storia pagana e cristiana dell’Urbe durante la prima età moderna. In questa sessione sono stati inseriti gli interventi di due archeologhe: Francesca de Caprariis, funzionaria archeologa della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Direttrice del Museo della Forma Urbis Romae, inaugurato a gennaio 2024, e Chiara Cecalupo, ricercatrice all’University of Malta e Marie Curie Fellow con un progetto dedicato allo studio delle Catacombe durante l’età moderna nel bacino del Mediterraneo.
Il primo intervento, Pianta marmorea severiana: memoria di una scoperta ed esperienza di disastri, è stato focalizzato sulla storia del ritrovamento e poi della dispersione dei frammenti della Forma Urbis Romae. De Caprariis ha ripercorso i dati sull’allestimento originario della pianta marmorea all’interno dei Fori Imperiali e della sua prima perdita in età antica. Attraverso le fonti scritte e iconografiche, ha poi raccontato le tappe della sua scoperta in età moderna (1562) e le sue successive dispersioni, concludendo con la disamina dell’allestimento attuale.
La seconda relazione, intitolata Come si esploravano le catacombe? Esperienze “archeologiche” nel sottosuolo di Roma in età moderna, ha proposto un dettagliato studio delle fonti a stampa e manoscritte relative alle esplorazioni delle catacombe cristiane di Roma, in particolare la Roma Sotterranea di Antonio Bosio (1632) – argomento su cui Cecalupo ha curato la recente mostra Roma sotterranea ospitata alla Biblioteca Vallicelliana - e le Osservazioni sopra i cimiteri di Marco Antonio Boldetti (1720), con l’obiettivo di indagare tanto le modalità fisiche di esplorazione (gli strumenti, i tempi, i modi nell’ingresso, scavo, percorrenza), quanto i metodi di registrazione e acquisizione dei reperti (la maniera di copiare le pitture catacombali o di estrazione di reliquie e iscrizioni). Questa analisi permette quindi di accendere un faro sulle pratiche “archeologiche” di esplorazione di siti sotterranei a Roma, indicando per quanto possibile una metodologia comune nell’ambito di queste esperienze di ricerca.
La quarta sessione del convegno, presieduta da Danila Jacazzi dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli, ha presentato i primi frutti del progetto di ricerca VeLoCi – The Vesuvian Lost Cities. Gli interventi hanno esplorato diverse metodologie e approcci per documentare, analizzare e diffondere i dati riguardanti le città sepolte.
Giorgia Aureli (Università degli Studi Roma Tre), con l’intervento Mappare la conoscenza. Le città vesuviane negli itinerari letterari e nelle esperienze di viaggio di XV e XVI secolo, ha proposto i primi risultati di una ricerca che, mediante un approccio interdisciplinare, assume il viaggio come chiave privilegiata per esplorare la conoscenza diretta e periegetica delle città vesuviane prima degli scavi settecenteschi. Aureli ha quindi proposto una selezione di percorsi, testuali e geografici, mappata su base cartografica, evidenziando la varietà delle fonti periegetiche, dei protagonisti e degli interessi coinvolti, e offrendo spunti per futuri approfondimenti.
Milena Viceconte (già assegnista post doc del progetto VeLoCi e ora ricercatrice all’Universitat de Lleida), nell’intervento Una volta celebri città, ora toponimi vuoti, ha esaminato le fonti grafiche sei e settecentesche che hanno contribuito alla fortuna del topos iconografico del Vesuvio, a partire dalle prime “raffigurazioni al vero” del paesaggio prima e dopo l’eruzione del 1631, nelle quali sono riportate le indicazioni toponomastiche dei centri abitati moderni danneggiati dai flussi di lava, come pure quelle relative alle città scomparse. Particolare attenzione è stata posta alla produzione incisoria di Francesco Cassiano da Silva, autore delle rappresentazioni urbane che restituiscono l’assetto delle città vesuviane nel momento culminante del Grand Tour, poco prima delle campagne di scavo e alla riscoperta delle città di Ercolano e Pompei.
Francesco Masucci (Università della Campania Luigi Vanvitelli) ha presentato “Navigare” tra le città scomparse vesuviane: l’approccio ai dati del progetto VeLoCi, illustrando il metodo innovativo adottato dal progetto per la raccolta e la diffusione dei dati storici relativi alle città vesuviane. Masucci ha descritto l’approccio e l’organizzazione del sito web di VeLoCi e del Database (che sarà a breve consultabile), che permette l’accesso ai dati storici raccolti nel contesto del progetto. Valorizzando l’importanza della terza missione, il sito web e il database costituiscono i primi prodotti della ricerca, rivolti sia alla comunità accademica che a un pubblico non specialistico. Nell’intervento, Masucci si è soffermato sull’importanza delle tecnologie digitali nel rendere i dati flessibili e riutilizzabili, evidenziando le potenzialità future di ampliamento e miglioramento della banca dati.
In conclusione, la tavola rotonda ha visto gli interventi di Maria Emilia Masci (Opificio delle Pietre Dure, Firenze) e Paola Carla Verde (Università degli Studi Roma Tre). Masci ha illustrato il progetto Fortuna visiva di Pompei, che analizza la percezione del sito archeologico di Pompei mediante le fonti grafiche e i testi prodotti dalla sua scoperta fino alla fine dell’800. Il database, costruito in occasione del progetto, propone un’analisi sistematica e critica delle testimonianze raccolte, mentre una Biblioteca Virtuale include le riproduzioni di opere edite e inedite collegate alle fonti documentarie, con risorse iconografiche, bibliografiche e archivistiche.
Verde, che nei suoi studi su Domenico Fontana ne ha approfondito l’intervento in occasione della realizzazione di un canale per convogliare le acque del fiume Sarno fino a Torre Annunziata, ha sottolineato come l'architetto, pur avendo intercettato i resti dell’antica città di Pompei, non abbia proseguito gli scavi, proponendo alcune ipotesi interpretative di una scelta che, ancora oggi, non ha trovato una spiegazione definitiva.
Il dibattito ha visto privilegiare le domande relative all’impiego e alle applicazioni dell’informatica alla ricerca umanistica, sottolineando le potenzialità di un approccio volto a interconnettere e gestire dati documentari e iconografici mediante le nuove tecnologie.
Il convegno ha rappresentato una importante Milestone del progetto VeLoCi, che proseguirà le attività di disseminazione dei risultati in occasione del 71 Annual Meeting della Renaissance Society of America (RSA) programmato a Boston, dal 20 al 22 marzo 2025.
Tutti gli aggiornamenti sul progetto VeLoCi saranno pubblicati alla sezione “notizie ed eventi” e sulle nostre pagine social.
Giorgia Aureli e Francesca Mattei